Girls power e cabine armadio

L'essenza non deve subire il cambio di stagione

Oggi la mia mente ha eseguito un salto mortale, un doppio carpiato all’indietro nel tempo, perché cercando una nuova serie tv da guardare mentre ricamo i miei abiti (e di ore ne passano davvero tantissime) mi sono imbattuta nella celeberrima SEX END THE CITY, che all'epoca voleva essere quasi un simbolo di emancipazione, sopratutto perché nel 98, l'attenzione per quello che riguarda il mondo al femminile, non era esattamente lo stesso di oggi, almeno in Italia. Se però, la guardo con gli occhi di una quasi quarantenne nel 2020, per me è un clamoroso balzo all’indietro nell’evoluzione. E' innegabile il fatto che, la perseveranza collettiva ci stia portando ad un lieve ma costante mutamento, chi più, chi meno, siamo tutte unite sul fronte e credo che sia piuttosto comune la voglia di dire la nostra e di imporci nei nostri ambiti lavorativi, così come nella vita.  Nascono di continuo associazioni, gruppi di difesa e aiuto, così come di imprenditoria femminile, Instagram stesso è in mano nostra, parliamoci chiaro, abbiamo di continuo e sotto agli occhi, piccoli e grandi successi, di donne che si sono create il loro spazio e che poi, come un'onda, hanno  bagnato i piedi di chi ci cammina accanto.  Consideriamo questi aspetti, come conquiste pacifiche, pratiche e dall’intelligenza libera. A volte però, si scontrano completamente con un’altra fetta di realtà tutta femminile, che io francamente ancora capisco poco, ed è quella che definisco simpaticamente, la popolazione “Sex end the city”, appunto. Si, mi parte la polemica. 

So che questa serie tv, poi diventata addirittura film, ha avuto un successo pazzesco e lo capisco anche il perché…non è che io non sia sensibile alle agiatezze della bella vita e agli abiti griffati (tutto, ma non l’ipocrisia sia chiaro), oltre al fatto che è stata impacchettata ad arte, facendo leva sui desideri più superficiali delle donne e su quel senso di libertà estremo, che tanto ci affascina.  Credo però, ci sia un senso logico nelle cose, anche se hai un mucchio di soldi da spendere e il perché così tante donne, abbiano trovato fantastica una serie, che in fondo ci rappresenta come delle barbie trasgressive a briglia sciolta, non l'ho ancora capito. Ma ricordiamo meglio la trama...le protagoniste, affaccendate tra serate nella sfavillante New York, conquiste e scarpe ( che sembrano essere il punto debole),vivono una vita da vere donne emancipate, riponendo i loro maglioni nel forno, usato come estensione della cabina armadio, (perché chiaramente non sanno cucinare e preparare del cibo per nutrirsi, riporta subito al triste ruolo della casalinga, che fa  davvero poco femminista ), argomentando esclusivamente di sesso, moda e pettegolezzo. Ok la leggerezza dell’essere ma non esageriamo.

 Il lusso, urlato ai quattro venti, personalmente lo vedo, come la libertà di potersi permettere quello che una desidera e l’emancipazione sessuale, come l’altrettanta libertà di vivere i propri rapporti come e quando crediamo. Non vedo attinenza, con quell'atteggiamento esasperante di cambiare partner ad ogni starnuto, o nell’aggiungere gratificata, un paio di scarpe nella cabina armadio pensando sia il picco massimo della mia giornata. So che sono passati un po’ di anni, da quella prima visione, ma la riflessione è: ti sembra sinceramente che oltre agli anni, sia passato anche dell'altro? A me purtroppo, sembra ancora attualissimo questo stereotipo e tra le donne sopratutto.

Non è un discorso che lego solo alle vecchie generazioni, in cui potrebbe essere anche capibile, perchè oggi basta aprire un comune social per rinfrescarci la memoria in un attimo. Lo so, il mondo rema da questa parte, nell’avere, nel consumismo sfrenato, nella bellezza a tutti i costi, nell’estremizzazione di tutto, anche del proprio corpo mai perfetto e nella corsa folle al raggiungimento del benessere e del successo, anche troppo facile a volte. Non è che non lo auguro a tutte, ma vorrei solo che, si potesse non perdere il senso reale delle cose. Essere donne è una fortuna immensa, io lo penso davvero, ogni giorno, amo le donne ed è proprio per questo, che non digerisco questi retaggi culturali.  E’ bello, essere anche un po’ civette e vanitose, a chi non piace, è nella nostra natura e a volte, tra le nostre insicurezze, qualcosa che ci fa sentire favolose è indispensabile, ma è importante non abbassare mai la guardia, rimanere vigili verso il focus giusto, che siamo noi, noi davvero, non il nostro contorno. Alla fine, la serie me la sono comunque riguardata e ci ho anche riso sopra, perché è così che va presa, con ironia e divertimento. Non importa che interessi abbiamo, o quanto siano diverse le nostre vite, se amiamo il campeggio o la spa, se camminiamo con ai piedi le birkenstock o i sandali gioiello, l’importante è che siano comode, perchè la strada da percorrere insieme è ancora lunga.

2 commenti

  • Ciao Giorgia. Ho letto il tuo articolo che, ahimè, mi trova quasi totalmente in disaccordo. Credo che il successo della serie Sex and the City non sia dovuto principalmente alla parte sfavillante ed estetica, che, certamente, incide, ma dalle vicende – nonché dalla personalità – delle quattro protagoniste, nelle quali – chi più chi meno -, molte, moltissime donne si sono (e continuano) identificate. Dietro la facciata glamour, Carry, Charlotte, Miranda e Samantha, sono donne con problemi che ci accomunano: trovarsi ad essere madri single e dover conciliare carriera e figlio (Miranda); dover sgomitare e fare il doppio della fatica per essere prese in considerazione come professioniste solo perché si è donne, per quanto emancipate e disinibite (Samantha); il desiderio di maternità, la delusione della perdita e la determinazione a non lasciarsi abbattere (Charlotte); la scoperta della malattia e la consapevolezza che, per quanto si possa amare un’altra persona, non sempre si è portati per la vita di coppia (Samantha). Di tutto questo – e molto altro: la libertà sessuale, l’omosessualità, i tradimenti, la senilità, il denaro, la moda e le mode, i pregiudizi, e, soprattutto, l’amore -, parla Sex and the City, e Carry è la voce narrante, la lente attraverso cui vediamo il mondo che la circonda; colei che sa correre per le vie di New York indossando un tacco 12, una Manolo Blahnik, e portando sottobraccio una Gucci o una Dior, ma che, allo stesso tempo, non teme il lavoro e neppure sporcarsi le mani. Carry è il collante, il punto di partenza e di arrivo, una donna indipendente e moderna, innamorata di un un uomo che è troppo predi da sé stesso e che fatica a capire che l’amore non toglie ma aggiunge. Credo che il segreto stia nel guardare la serie tv spogliandola prima della parte fashion, lasciando solo la componente umana, come si dovrebbe fare sempre: mai fermarsi all’apparenza.

    Romana Carrisi
  • Brava, ed è sempre bello leggere le tue storie….😀😀😀

    Roberta

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