Generazione "Forever Young"

e la nostra lotta al riconoscimento

Negli ultimi tempi, mi sono ritrovata spesso a parlare con dei miei coetanei (fascia d’età compresa tra i primi anni 80 e metà degli anni 90 detta anche generazione y ) su come sia difficile essere credibili e presi seriamente nei rispettivi ambienti lavorativi. Non è per mancanza di esperienza o competenza, ma è proprio un problema di rispetto generale, dato anche, ma non solo, da un nostro atteggiamento "Forever Young" che comprende sia lo stile di vita che l'estetica. (stendo un velo pietoso per chi vive ancora con i genitori, per cui non ci sono scuse che tengono). 

Come se la professionalità di un individuo fosse misurabile con l’aspetto o l’atteggiamento, mi rendo conto però, che il biglietto da visita potrebbe essere forviante. E’ un discorso molto complesso in realtà, specchio di una società che secondo me sta perdendo per prima, ogni forma di educazione e senso gerarchico e con un buco troppo grande tra una generazione e l'altra. Mi spiego meglio, quello che mi sembra è che ormai mentalmente siamo tutti uguali, tutti sullo stesso piano confidenziale anche se con età diverse e le nuove generazioni, anche per questo hanno perso qualsiasi punto di riferimento. Parlano e pensano alle donne più grandi come fossero compagne di scuola, con lo stesso linguaggio e atteggiamento spocchioso, non so, forse perchè la moda di Pornhub gli insegna che una quarantenne, una mamma, una donna adulta in genere, nuovo oggetto di desiderio e conquista, sia molto più avvicinabile di quello che pensano, e lo dimostra il fatto che il mio messanger, che io forse apro una volta al mese, sia pieno di messaggi di ragazzini che vanno cercando chissà cosa non curanti dei 20 anni di differenza. Agli uomini invece si rivolgono con tono di sfida e competizione, perchè sono piccoli, ma a sentire loro, con già tutta una vita costellata di sapere e di esperienze di spessore, sessuali, relazionali e di vita, per cui se lo possono permettere e guai a redarguirli. Mentre sul lavoro, lasciamo perdere, hanno già imparato tutto e non accettano il concetto di gavetta ne di insegnamento, peccato siano privi di qualsiasi forma di responsabilità e senso del sacrificio, presentandosi senza neanche dare prova delle loro competenze sciovinate nel curriculum, chiedono subito, di quant'è lo stipendio e se il week end lo avranno libero. 

Quando ero più giovane, soprattutto ragazzina, ricordo che osservavo con grande distanza le persone più grandi e per me 5 anni erano già sufficienti per esserlo. Dico osservavo, perchè non partiva certo da me una qualche forma di approccio o confidenza, non ho fatto il militare, ma a quei tempi ancora si faceva obbligatorio e il nonnismo in qualche modo, è la versione cameratesca e talvolta eccessiva, di questo principio base, che è quello del rispetto gerarchico. Le persone più mature invece, quelle che hanno l'età di mia mamma, faticano a vedere la mia di generazione, come i nuovi adulti, come chi, in un modo sicuramente diverso dal loro, si sta facendo strada a sgomitate nel mondo del lavoro, con partenze e obiettivi diversi, troppo lontani dalla loro cultura e per questo quasi privi di fondamenta solide. Non ne sappiamo mai abbastanza, non condividiamo le stesse visioni e quindi sbagliamo in partenza, oltre al fatto che abbiamo ricevuto in eredità una società che non ci vuole riconoscere e lasciare posto, abbiamo un pessimo rapporto con le banche, perché la nostra visione di economia è molto diversa e si è adeguata ai cambiamenti. Appartengo quindi a quella via di mezzo, che non trova pace, consensi e rispetto come invece merita. Mi domando spesso, cosa sbaglio quando mi presento a qualcuno che mi vede per la prima volta, qual’è l’impressione che do e perchè suscito di riflesso, certi comportamenti.

Il mio mezzo di comunicazione per promuovermi, come persona e come lavoratrice è, come per tanti ormai, il social network, che se usato con questo scopo, è lastricato di regole fondamentali da rispettare. Funzionare non è semplice, arrivare alle persone nemmeno, mantenere alto il livello di attenzione su di se, non ne parliamo e tutto questo, cercando di essere bene o male se stessi. Io tendo ad essere una simpaticona, dalla battuta pronta ma dalla polemica facile ed è esattamente come sono nella vita reale, ma come nella vita vera, sento a volte di essere presa poco sul serio, di essere sottovalutata. A volte quando mi viene fatta qualche domanda specifica, dall’altra parte trovo facce stupite, dopo le risposte, come se il mio interlocutore, non avesse grandi aspettative in me e invece….tu pensa che sorpresa! Credo di impegnarmi molto in quello che faccio, di avere molto da dire e da raccontare, di prendere molto seriamente i miei impegni e di essere anche ambiziosa, di avere ben chiare le idee, pur rimanendo una cazzona a cui piace tanto giocare e prendere le cose con ironia. A quanto pare, però così è più faticoso, perche’ professionalità fa rima con serietà e nel vecchio retaggio culturale a cui tuttavia siamo ancora molto legati, la serietà ha la cravatta o una sobria camicetta bianca.

Il mio pensiero, rispetto al futuro che ci aspetta, alla piega che l’economia e la vita sociale stanno prendendo, non è roseo, ma non lo posso cambiare e cerco di trovare il mio posto, semplicemente dettano le regole più giuste per me, non per questo starò qui ad augurarmi un mondo migliore, fatto di solidità lavorativa, rispetto per il prossimo e riconoscimenti meritati, perché non sto preparando il discorso finale per il concorso di bellezza, sono solo io, una che si sbatte e si impegna e in qualche modo ce la farà. 

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